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LIVE CONCORSI NOTIZIE - Superbonus, le possibili soluzioni del Governo Meloni

 



I rappresentanti del Governo di Giorgia Meloni dicono di non avere bloccato il Superbonus ma di essere intervenuti sulla cessione dei crediti e sullo sconto in fattura bloccandoli. Hanno ragione? Sì e no. Formalmente hanno ragione, perché il Superbonus e gli altri bonus non sono stati toccati. Il problema è che il Superbonus, senza cessione dei crediti e sconto in fattura, non ha motivo di esserci. Di fatto, è inutile girarci attorno, il Superbonus 110%, voluto dal passato Governo di Giuseppe Conte per fronteggiare la crisi economica provocata dalla pandemia, ha creato una liquidità aggiuntiva all’euro. Infatti, nel momento in cui i crediti possono esse ceduti funzionano come ‘mezzo di scambio’, cioè come moneta aggiuntiva. E questo il punto della vicenda che l’Unione europea non ha mai ‘digerito’. Ed è questo il motivo per il quale il Governo Meloni, su probabile input dell’Unione europea, ha bloccato la cessione dei crediti e lo sconto in fattura. Il provvedimento avrebbe già dovuto essere bloccato dal passato Governo di Mario Monti, che ha sempre girato attorno al problema senza mai prenderlo di petto. Ricordiamo che il Superbonus ha subito sin dalle prima battute l’ostracismo dell’Unione europea. Il Governo Conte ha retto la ‘botta’, anche perché la pandemia era in corso e Bruxelles non poteva insistere troppo. Quando la pandemia ha cominciato a pesare meno, l’Unione europea è intervenuta per mandare a casa il Governo Conte e piazzare a Palazzo Chigi Mario Draghi. Quest’ultimo è sì intervenuto sul Superbonus, ma non ha mai toccato il cuore del problema, ovvero la ‘liquidità’ aggiuntiva. Anche perché, se il Governo Draghi fosse intervenuto, l’Italia non avrebbe registrato l’aumento del Prodotto Interno Lordo. Così la patata bollente è stata lasciata nelle mani del Governo Meloni. O meglio, del Ministro dell’Economia, il leghista Giancarlo Giorgetti, che è stato voluto sulla poltrona di Ministro proprio dall’Unione europea. E qui si stanno rompendo i telefoni. Vediamo il perché.

Il Ministro Giorgetti, nel bloccare la cessione dei crediti e lo sconto in fattura ha detto che il provvedimento è costato all’Italia 10 miliardi di euro e che si rischia il default. In realtà, le cose non stanno così. E non lo diciamo noi. Come stanno le cose lo ha illustrato nel Luglio dello scorso anno il Consiglio nazionale degli Ingegneri rendendo noti i seguenti dati: il Superbonus – dato a Luglio dello scorso anno - è costato allo Stato 20,9 miliardi di euro in detrazioni fiscali nei primi sei mesi del 2022; c’è stato, è vero, un costo che, però, ha generato oltre 40 miliardi di euro di produzione economica aggiuntiva, 312.000 nuovi posti di lavoro e 7,7 miliardi di euro di gettito fiscale addizionale. Come si può notare, i benefici ottenuti grazie al Superbonus hanno più che compensato, nel 2022, i costi sostenuti. Tutto questo a prescindere dai benefici energetici, perché si è trattato, nella stragrande maggioranza dei casi, di interventi negli edifici che hanno ridotto il consumo di energia di chi vi abita in Inverno e in Estate. Insomma, i 10 miliardi di euro chiamati in causa dal Governo Meloni come spesa eccessiva per la cessione dei crediti e per lo sconto in fattura pesano molto meno di 10 miliardi di euro. E, in ogni caso, si tratta di un investimento. Se mettiamo insieme tutte le Regioni italiane e andiamo a calcolare quanto spendono, ogni anno, per le cosiddette politiche attive del lavoro, ebbene, ci accorgeremo che si va ben oltre i 10 miliardi di euro, per ottenere, alla fine, un numero di occupati che, nella migliore delle ipotesi, rappresenta il 20% delle persone che sono state occupate, per esempio, dalle aziende che hanno preso i contributi per far lavorare per sei mesi o per un anno i disoccupati. Facciamo un esempio per provare a rendere più chiaro il concetto. Ammettiamo che una Regione spenda 500 milioni di euro di contributi in favore di mille aziende che assumono temporaneamente 5 mila disoccupati. Si chiamano tirocini. Ipotizziamo che la Regione, alla fine del tirocinio della durata di un anno, aggiunga un incentivo 10 mila euro all’anno per cinque anni per ogni lavoratore assunto a tempo indeterminato. Ecco, supponiamo che, alla fine, su 5 mila disoccupati, mille vengano assunti a tempo indeterminato, cioè il 20%. Siccome l’80% dei lavoratori coinvolti nel tirocinio non ha trovato lavoro diciamo che questo ipotetico bando è stato un fallimento? Assolutamente no! La Regione – magari con i fondi europei – ha fatto un investimento nel lavoro e ha tolto dalla strada mille famiglie. E la stessa cosa è con il Superbonus. Lo Stato ha fatto un investimento. Non è vero che ha perso 10 miliardi di euro ma molto meno e ha creato lavoro e sviluppo. E ha fatto crescere il Prodotto Interno Lordo. E allora? E allora siamo certi che il Governo Meloni troverà una soluzione, anche se non sappiamo quale. Non certo la ‘cartolarizzazione’ dei crediti, che non risolverebbe il problema della mancata liquidità.

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